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Corte di cassazione sezioni unite civili, sentenza 11750/04 del 24/06/2004. Non ammessa la iscizione all'albo con riserva.
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Data di pubblicazione 30/06/2007


Cassazione
SEZIONI UNITE civili
Sentenza 18 marzo-24 giugno 2004, n. 11750
Presidente Ianniruberto
Relatore Di Nanni
Pm Maccarone - conforme - ricorrente Giannini
Svolgimento del processo
1. La dottoressa ..., non ammessa a sostenere le prove orali della sessione degli esami di avvocato dell'anno 1999, che si tenevano presso la Corte di appello di Torino, impugnò il provvedimento di non ammissione davanti al Tar per la Lombardia e ne chiese l'annullamento; chiese anche che l'efficacia del provvedimento fosse sospesa cautelarmente e fosse ordinato alla Commissione esaminatrice di ammetterla con riserva a sostenere le prove orali del concorso.
Il Tribunale regionale, avendo sollevato d'ufficio questione di costituzionalità dell'articolo 3 della legge 241/90, sospese il procedimento e «in ossequio al principio di effettività della tutela giurisdi15nale, ritenuti sussistenti i presupposti per la concessione dell'invocata tutela cautelare», dispose che la ricorrente fosse ammessa, con riserva, a sostenere le prove orali degli esami di avvocato.
La dottoressa ..., superate le prove orali, domandò di essere iscritta nell'Albo degli avvocati di Milano.
Il Consiglio dell'Ordine, con deliberazione del 20 settembre 2001, dispose di iscrivere la dottoressa
... nell'Albo degli avvocati, con riserva dell'esito del giudizio di merito pendente davanti al Tar e dichiarò: che il precedente suo orientamento, d'iscrivere all'Albo coloro che avevano superato le prove orali, alle quali erano stati ammessi con ordinanza cautelare sospensiva del provvedimento di non ammissione alle prove stesse, doveva essere confermato; che l'oggetto di cui la ricorrente aveva chiesto la tutela era il conseguimento dell'abilitazione, all'adempimento del quale esso Consiglio era tenuto, stante l'ordinanza del giudice amministrativo; che la conclusione era giustificata dal principio di effettività e completezza della tutela giurisdizionale, che impone di assicurare interinalmente gli stessi effetti che possono diventare definitivi con la decisione nel merito del ricorso amministrativo; che, in caso contrario, l'interessata non avrebbe ricavato alcuna utilità dal provvedimento cautelare; che la valutazione positiva del fumus boni iuris, compiuta dal Tar, aveva avuto un'implicita conferma dalla mancata impugnazione dell'ordinanza cautelare da parte del ministero della Giustizia e dal comportamento processuale dalla Pa.
2. Il Pg della Repubblica presso la Corte di appello di Milano, con ricorso del 24 gennaio 2002, ha impugnato la decisione davanti al Cnf, chiedendone l'annullamento. Secondo il Pg l'annullamento doveva essere pronunciato, sia perché l'oggetto del ricorso amministrativo non era costituito dal provvedimento di abilitazione, ma dalla correttezza della valutazione delle prove scritte, sia perché l'ordine del giudice amministrativo si limitava all'ammissione con riserva della ricorrente a sostenere le prove orali del concorso, senza toccare il problema del conseguimento dell'abilitazione. L'errore in cui era incorso il Consiglio dell'Ordine, secondo il Pg, era stato di avere fatto derivare dalla decisione di sospensione effetti sostanziali contrastanti con la natura di giurisdizione sull'atto del giudice amministrativo e con la funzione di contemperamento dell'interesse pubblico e di quello individuale, svolta dall'atto amministrativo. Il Pg, richiamata l'articolazione in prove scritte ed orali dell'esame di abilitazione alla professione forense, ha aggiunto che la sospensione disposta dal Tar non comportava un giudizio positivo delle prove scritte, ma solo l'annullamento interinale degli effetti che potevano derivare dall'annullamento della valutazione negativa delle prove scritte compiuta dalla commissione esaminatrice.
3. L'impugnazione è stata accolta dal Cnf, con deliberazione del 30 maggio 2003.
4. La dottoressa ... ha proposto ricorso contro la decisione.
Gli intimati Pg presso la Corte di cassazione, Pg presso la Corte di appello di Milano e Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Milano non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1. Oggetto del giudizio.
L'oggetto di questo giudizio è costituito da impugnazione di decisione del Cnf, emessa in tema d'iscrizione all'Albo degli avvocati.
Ai fini del tema, i dati normativi rilevanti sono contenuti nel Rdl 1578/33, sull'Ordinamento della professione di avvocato.
Secondo il decreto, l'iscrizione nell'Albo degli avvocati è deliberata dai Consigli dell'Ordine degli Avvocati e può essere cancellata qualora sia accertato il difetto dei titoli e requisiti in base ai quali l'iscrizione fu disposta: articolo 16.
Per l'iscrizione è necessario essere risultato anche vincitore nell'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense: articolo 17, n. 6.
Le deliberazioni adottate dai Consigli dell'ordine in tema d'iscrizione all'Albo sono impugnabili davanti al Cnf, ai sensi dell'articolo 54, n. 1; contro queste ultime decisioni è ammesso ricorso a queste Su per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge:
articolo 56, terzo comma.
L'oggetto di questo giudizio, quindi, è costItuito dell'impugnazione della decisione con la quale il Cnf ha accolto il ricorso proposto dal Pg di Milano contro la deliberazione del 20 settembre 2001, con la quale il Consiglio dell'Ordine di Milano aveva iscritto l'attuale ricorrente nel locale Albo degli avvocati.
2. Motivi del ricorso.
Il ricorso, articolato in quattro motivi, è rigettato nei limiti di seguito indicati.
3. È preliminare l'esame del quarto motivo del ricorso, con il quale è denunciata nullità della decisione impugnata, perché non sottoscritta, nell'originale, dal suo estensore: censura di violazione dell'articolo 64 Rd 37/1934, dell'articolo 132 Cpc, dell'articolo 119 delle disposizioni di attuazione di detto codice ed eccezione di illegittimità costituzionale dell'articolo 64 prima indicato.
Il motivo non è fondato.
Le deliberazioni del Cnf (e quelle dei Consigli dell'ordine locali) sono sempre sottoscritte dal solo presidente e dal segretario, giammai dal relatore.
Ciò è disposto, in via generale dall'articolo 44 Rd 37/1934 sull'ordinamento della professione di avvocato (in questo senso, già Su 9069/03) e, con riferimento alle deliberazioni speciali in materia disciplinare, dagli articoli 51 e 64 dello stesso decreto (in questo senso, già Su 2153/85 e 257/03).
Il fatto che le disposizioni del codice di procedura civile dispongano che la sentenza sia sottoscritta anche dall'estensore non ha rilevanza alcuna, stante il carattere speciale delle norme integrative e di attuazione dell'Ordinamento della professione forense, contenute nel citato Rd 37/1934.
La denunciata nullità, pertanto, non ricorre.
Né vale obbiettare che il sistema indicato nel Rd 37/1934 non assicura alle parti la certezza della conformità della decisione alla volontà del Collegio e che, per questa ragione, è in contrasto con i principi contenuti negli articoli 24 e 101 della Costituzione.
La sottoscrizione della sentenza collegiale da parte del presidente e del giudice estensore, disposta dall'ultimo comma dell'articolo 132 Cpc, pur svolgendo la funzione di assunzione di responsabilità della decisione, non può essere messa sullo stesso piano di quella della scrittura privata o dell'atto pubblico, perché si tratta di sottoscrizione, come ufficio, attestante l'identità del giudice che ha deliberato la sentenza con quello che ha partecipato alla discussione della causa e può anche mancare, senza che l'atto sia in alcun modo invalido, come si ricava dalla disposizione contenuta nell'ultima parte del citato articolo 132 Cpc.
In altre parole, la sottoscrizione dell'estensore non attribuisce alla sentenza la certezza indicata dalla ricorrente e non incide né sul diritto di difesa, né sull'indipendenza del giudice; di modo che l'eccezione di incostituzionalità, sollevata dalla ricorrente, è manifestamente infondata.
4. Non è fondato neppure il primo motivo del ricorso.
Con il motivo, alla decisione impugnata è addebitato il vizio del difetto assoluto di motivazione: censura di violazione e falsa applicazione dell'articolo 111 della Costituzione, dell'articolo 64 del Rd 37/1934 e dell'articolo 132 n. 4 Cpc.
4.1. Il Cnf, nella decisione, ha dichiarato di volersi uniformare ad una sua precedente pronuncia su questione analoga, enunciando in "sintesi" le ragioni della decisione.
La ricorrente sostiene che il rinvio alla precedente decisione ha comportato il vizio della mancanza di motivazione della decisione, sia perché non sono indicate le ragioni sulle quali si fondano i precedenti richiamati, sia perché i richiami non sono corretti, riguardando decisione adottata in un diverso assetto normativo della disciplina dei procedimenti cautelari nel processo amministrativo.
La censura non è fondata.
4.2. La decisione impugnata solo apparentemente manca della motivazione. Essa, infatti, non si limita a riportarsi al precedente riguardante la stessa questione o agli argomenti indicati nel ricorso del Pg, facendoli propri, ma aggiunge quelli dell'illegittimità di un'iscrizione condizionata, dell'interesse pubblico non salvaguardato da tale forma di iscrizione e della non pertinenza del principio dell'assorbimento.
Ciò è sufficiente per escludere che nella decisione impugnata manchi la motivazione.
5. Con il secondo motivo la ricorrente si riferisce al capo della decisione, nel quale il Cnf ha dichiarato che la legge non consente l'iscrizione con riserva all'Albo professionale.
5.1. Il Cnf, premesso che il giudizio amministrativo promosso dalla dottoressa Giannini era diretto a censurare il provvedimento di non ammissione alle prove orali del concorso per l'abilitazione alla professione forense e che in una propria decisione su questione analoga era stato espresso un orientamento conforme a quello indicato dal ricorrente, ha dichiarato di voler confermare il proprio orientamento sia nelle conclusioni, sia nelle sostanziali motivazioni.
Queste, "nella loro espressiva sintesi", sono state indicate nelle seguenti:
a) l'iscrizione condizionata all'albo professionale non è consentita dalla legge;
b) l'apposizione di una condizione all'iscrizione nell'albo professionale non prende in considerazione l'esigenza, d'interesse pubblico, di impedire il pregiudizio per le parti private di essere assistite da un soggetto non professionalmente qualificato.
5.2. Contro queste motivazioni, la ricorrente ha svolto le seguenti considerazioni.
In primo luogo, il Consiglio dell'Ordine aveva il potere - dovere di procedere all'iscrizione "con" o "senza" riserva, dovendo ottemperare all'ordine del giudice amministrativo, seguito dal superamento delle prove orali. Il pericolo che poteva derivare dal rigetto del ricorso nella fase di merito era evitato dall'obbligo del Consiglio di cancellare, con effetto ex nunc, l'iscrizione nel caso di accertata mancanza dei requisiti per l'iscrizione.
In secondo luogo, l'iscrizione con riserva è ammessa dall'articolo 17bis del Rd 37/1934, dal quale si ricava che l'idoneità all'esercizio della professione forense è data dal superamento della prova orale;
pertanto, il Consiglio dell'Ordine non aveva il potere di sindacare il "perché" ed il "come" le fosse stato consentito di partecipare alla prova orale, appartenendo tale sindacato alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Infine, nella materia dei pubblici concorsi, la tutela cautelare non è predisposta per soddisfare l'interesse della pubblica amministrazione, ma per assicurare, sia pure interinalmente, al ricorrente di esercitare la professione forense: censure di violazione dell'articolo 21, comma ottavo, della legge 1034/71, nel testo modificato dalla legge 205/00, degli articoli 16 e 37 del Rdl. 1578/33; dell'articolo 17bis Rd 37/1934; violazione del principio dell'effettività della tutela cautelare, violazione degli articoli 23 e 113 della Costituzione e conseguente incompetenza ed eccesso di potere per invasione della competenza giurisdizionale del giudice amministrativo e di quella del Consiglio dell'Ordine.
5.3. La fondatezza del motivo non può essere collegata ad un vizio d'incompetenza o di eccesso di potere nella decisione impugnata.
Essa, infatti, non si è sostituita al Consiglio dell'Ordine con una decisione di merito, che possa essere affetta dai vizi denunciati.
5.4. Si deve, piuttosto, convenire con la decisione impugnata sul fatto che l'iscrizione condizionata all'Albo degli avvocati, formalmente, non è prevista dalla legge, che non prevede che all'atto d'iscrizione possa essere apposta una condizione, intesa come elemento accidentale dell'atto.
Nel caso di cui si discute, tuttavia, ricorre una clausola collegata alla volontà dell'autore del provvedimento, Piuttosto che al suo contenuto; di modo che essa si risolve in una riserva di revoca del provvedimento d'iscrizione.
Intesa in questo modo, la clausola d'iscrizione con riserva, implicitamente, è indicata nel secondo comma dell'articolo 16 del Rdl. 1578/33, secondo il quale la cancellazione dell'iscrizione può essere disposta quando, in sede di revisione delle iscrizioni, è accertato il difetto dei titoli e requisiti in base ai quali fu disposta l'iscrizione.
In altri termini, quando il giudizio amministrativo di merito promosso dal candidato ammesso con provvedimento cautelare si concludesse con un provvedimento di rigetto, la condizione apposta varrebbe come condizione risolutiva dell'iscrizione, perché il Consiglio dell'Ordine ha il potere di revocarla.
Gli effetti del provvedimento di revoca, naturalmente, sarebbero ex nunc, com'è tipico dell'istituto della revoca: Cassazione 12016/91.
Il fatto che, nella specie, la dottoressa Giannini sia stata iscritta con riserva non è quindi motivo di nullità del provvedimento d'iscrizione.
5.5. Non è motivo di nullità dell'iscrizione con riserva neppure il. fatto che l'atto non prende in considerazione l'esigenza di impedire il pregiudizio per le parti private di essere assistite da un soggetto non professionalmente qualificato.
Una tale previsione non appartiene al procedimento d'iscrizione.
Se è vero, infatti, che la tutela cautelare amministrativa, alle origini, era valutata soltanto alla luce dell'interesse pubblico, tanto è vero che l'esame del giudice avveniva nella prospettiva di un danno grave, che l'amministrazione avrebbe potuto subire se la sospensione non fosse stata riconosciuta, questo requisito non ricorre nella disciplina contenuta nel nuovo testo dell'articolo 21 della legge Tar, il quale prende in considerazione le sole ragioni. del ricorrente, in funzione del pregiudizio che potrebbe subire dalla esecuzione del provvedimento impugnato, senza alcun richiamo al bilanciamento tra questo pregiudizio e quello derivante all'amministrazione, originariamente contemplato, dalla giurisprudenza amministrativa.
In ogni caso, l'effetto negativo è sempre evitato dalla conservazione degli effetti esauriti, che non sono pregiudicati dal provvedimento di revoca dell'iscrizione.
6. Resta da risolvere l'argomento della decisione impugnata, che ai fini dell'iscrizione non si poteva fare riferimento alla sola prova orale; argomento affrontato anche con il terzo motivo del ricorso.
6.1. Sul punto, il Cnf, rispondendo all'eccezione della ricorrente, che l'esito positivo delle prove orali aveva superato il merito della controversia, ha dichiarato che la questione non era rilevante nel caso, non solo perché l'effetto dell'assorbimento poteva discendere solo da una pronuncia di merito del t.a.r, la quale non si era ancora avuta, ma anche perché la procedura di abilitazione all'esercizio professionale non consentiva di fare riferimento solo all'esito della prova orale.
Al riguardo, la ricorrente svolge due considerazioni.
Con la prima sostiene che, con la conseguita idoneità nelle prove orali, aveva conseguito un vero e proprio diritto all'iscrizione.
Nella tesi esposta questa conclusione si ricaverebbe dal quinto comma dell'articolo 17bis del Rd 34/1934, il quale dichiarando che sono.considerati idonei i candidati che ricevono un determinato punteggio per le prove orali, collega l'idoneità al superamento delle prove orali, anche quando ad esse si sia giunti attraverso un provvedimento del giudice.
Con la seconda che, con il superamento delle prove orali, si era verificato l'effetto dell'assorbimento, del quale il Cnf non ha tenuto conto, liquidando l'argomento semplicemente come irrilevante: censura di violazione dell'articolo 17bis Rd 37/1934, dell'articolo 100 Cpc.
6.2. La prima proposizione non è esatta, se si considera che l'idoneità di cui si parla nell'articolo 17bis è quella che presuppone anche il superamento della prova scritta, che avviene quando il candidato abbia conseguito un punteggio che l'interessata non ha conseguito.
6.3. Con l'eccezione di assorbimento la ricorrente intendeva sostenere la tesi che il superamento della prova orale dopo l'ammissione con riserva valeva a superare la valutazione negativa delle prove scritte, sicché, sotto questo diverso aspetto, ella aveva diritto all'iscrizione all'albo professionale.
La ricorrente, riproponendo la questione dell'assorbimento in questa sede, intende censurare quella parte della decisione impugnata, nella quale il Cnf ha dichiarato che la procedura di abilitazione all'esercizio professionale non consentiva di fare riferimento solo all'esito della prova orale.
La considerazione esposta non può essere condivisa.
6.4. Quando è proposto ricorso al giudice amministrativo contro un provvedimento che, dichiarando non superata dalla parte una sua prima fase, la esclude dalla prosecuzione del procedimento e cosi lo chiude per la stessa parte, la cautela data dal giudice, se sospende l'efficacia del provvedimento impugnato e dispone che la parte sia ammessa a proseguire il procedimento, realizza una fattispecie che, temporaneamente, tiene luogo della valutazione positiva mancata e non riguarda solo gli effetti materiali, ma incide anche su quelli giuridici dell'atto impugnato, ossia sulla sua efficacia;
questa, intesa come capacità dell'atto di produrre effetti giuridici.
Il contenuto di un provvedimento siffatto non è ulteriormente determinato: l'unico limite è che sia idoneo ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso, come si esprime l'ottavo comma dell'articolo 21 della legge 1034/71.
6.4.1. All'espressione si possono attribuire per lo meno due significati.
Il primo è che la strumentalità della misura cautelare si manifesta rispetto al giudizio di merito e, quindi, è interna alla sentenza che sarà emanata.
In una seconda prospettiva si può anche ritenere che la strumentalità della misura cautelare svolga una funzione anche fuori del processo, operando come fattore di riequilibrio dell'esercizio del potere amministrativo rispetto alla pretesa del cittadino.
6.4.2. Nella fattispecie non è necessario prendere posizione su questo problema, perché alla misura cautelare, per come è stata adottata e descritta, è stata data una portata interna al processo. Essa, infatti, non contiene, neppure implicitamente, un ordine d'iscrizione, sia pure provvisoria, dell'interessata all'albo degli avvocati, come pure l'ordinanza avrebbe potuto fare.
L'efficacia della misura cautelare adottata, in altre parole, deve essere interpretata come strumentale rispetto al giudizio d'impugnativa dell'esclusione dalla prova orale e limitata ad esso.
6.5. La conclusione che si deve trarre da questa precisazione è che la parte non poteva essere iscritta all'albo, neppure con riserva.
7. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
Nessuna pronuncia dev'essere adottata in ordine alle spese di questo giudizio, considerata la posizione istituzionale della parte ricorrente.

P.Q.M.

La Corte di cassazione, a Su, rigetta il ricorso.
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