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* * * I fantasmi a volte ritornano. Specie se li rievochiamo, la suggestione diventa forte. Anche perchè le esperienze passate hanno lasciato il segno, con la soppressione del Tribunale di Sala Consilinae e di alcune importanti sezioni come quella di Eboli. E' una prestigiosa associazione di avvocati, la Camera Penale Salernitana, che ha rispolverato nei giorni scorsi lo spettro di nuove soppressioni di uffici giudiziari nella provincia di Salerno, già colpita nel 2012 dalla "epocale" qunto nefasta riforma completata dalla Ministra Severino. Per la verità non si tratta di una novità assoluta,...
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* P.O.S. obbligatorio per i professionisti. Dal 30 giugno anche negli studi degli avvocati si potrà pagare con il bancomat. Il Tar non ha sospeso il Decreto ministeriale di attuazione. (TAR Lazio-Roma, sez. III ter, ordinanza 30.04.2014 n° 1932 ) di Enrico Tortolani
Sezioni: FOCUS
Autore Tratto da Cronache del Salernitano del l'11/5/2014
Data di pubblicazione 17/05/2014
* * Secondo una corrente di pensiero, che va rapidamente diffondendosi nella rete, la legge non sarebbe tanto chiara nell'individurae il p.o.s. come unico strumento per i pagamenti telematici. E poi all'inosservanza dell'obbligo non corrisponde alcuna sanzione. Sicuramente obbligatorio un approfondimento. Nel frattempo riportiamo l'orientamento maggioritario. In ogni caso non pare eludibile il fine che la criticata norma impone, e nell'ambito di una ristrutturazione dei servizi legali, anche le modalità di pagamento delle parcelle dovranno adeguarsi alle tecnologie più evolute. E' evidente però che i costi dovranno essere sopportabili per gli avvocati ed assorbibili dalle note spese. Anche la modernità ha un peso economico, difficile da digerire in questo particolare momento, sia per gli avvocati che per i clienti. * * Per un aggiornamento in senso contrario all'obbligo, si legga la circolare del Presidente del C.N.F. nella sezione "prima fila" di questo sito * *


Il TAR Lazio ha detto si: negli studi dei professionisti, ed anche degli avvocati, dal 30 giugno dovranno essere installai i p.o.s. per l'utilizzazione di bancomat, carte di credito o prepagate, per consentire il pagamento telematico delle parcelle. Bisogna precisare che l' obbligo riguarda più da vicino il professionista che deve attrezzarsi a ricevere il pagamento telematico, mentre per il cliente la utilizzazione del p.o.s. è una facoltà, potendo sempre utilizzare i contanti fino a mille euro. Si tratta quindi di una misura che tende a dare diffusione alla telematica, con u n occhio alla tracciabilità dei pagamenti con effetti antievasione
P.o.s. è l'acronimo di Point of sale, cioè punto di pagamento. La fonte normativa dell'obbligo di dotazione è l'art. 15, comma 5, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, cui è stata data attuazione con il D.M. del 24 gennaio 2014.
I professionisti non hanno digerito quest'ultima innovazione, vista come un'inutile e costoso aggravio di adempimenti, senza una effettiva utilità per i clienti. In genere negli studi professionali, ed anche per gli avvocati, per ricevere i pagamenti si utilizzano normalmente assegni bancari, circolari o bonifici; specie per chi lavora con società pubblica amministrazione. Rimane una nicchia, ancora legata al contante, fatta di cittadini consumatori che spesso sono poco avvezzi ad utilizzare bancomat e carte di credito, anche per i costi generalmente richiesti dalle banche. E la stessa cosa vale per i P.O.S. che specie per gli stuti professionali più piccoli, per i giovani avvocati, rappresenterà un ulteriore aggravio burocratico e di costi di gestione. Questi costi andranno a sommarsi a quelli già pesanti per mantenere uno studio, con tutte le attrezzature necessarie, e che negli ultimi tempi hanno richiesto ulteriori spese per adeguarsi all'entrata in vigore del processo civile telematico, prevista per il 30 giugno.
Ma ritorniamo al P.O.S. Il TAR Lazio è stato adito con un ricorso del Consiglio Nazionale degli Architetti, che ha impugnato proprio il Decreto Ministeriale del 24 gennaio 2014 del Ministro dello Sviluppo Economico attuativo del d.l. 179/2012. Per completezza riportiamo il testo dell'art. 15 del D.L. citato, commi 4 e 5: "4. A decorrere dal 1° gennaio 2014, i soggetti che effettuano l'attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231. 5. Con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, vengono disciplinati gli eventuali importi minimi, le modalità e i termini, anche in relazione ai soggetti interessati, di attuazione della disposizione di cui al comma precedente. Con i medesimi decreti può essere disposta l'estensione degli obblighi a ulteriori strumenti di pagamento elettronici anche con tecnologie mobili.". In attuazione di tale fonte legislativa, la norma regolamentare introdotta ha quindi statuito, all'art. 2, comma 1, che l'obbligo di accettare pagamenti attraverso carte di debito si applica a tutti i pagamenti di importo superiore a trenta euro disposti in favore di imprese e professionisti per l'acquisto di prodotti o la prestazione di servizi anche professionali; inoltre, l'art. 2, comma 2 del medesimo D.M. ha previsto che fino al 30 giugno 2014, l'obbligo di cui al comma 1 si applica limitatamente ai pagamenti effettuati a favore dei soggetti il cui fatturato dell'anno precedente a quello nel corso del quale è effettuato il pagamento sia superiore a duecentomila euro. Secondo quanto riportato dal sito Altalex, noto periodico giuridico on line , il provvedimento in esame è stato reso nell'ambito della fase cautelare del giudizio, per cui il collegio si è espresso in modo assai sintetico ed esprimendo un proprio giudizio sommario (e suscettibile, in ipotesi, anche di ribaltamento e completa riforma in sede di definizione del giudizio di merito) solo relativamente alla insussistenza del requisito del fumus boni iuris, per la concessione della sospensiva. Il TAR ha motivato il rigetto cautelare perchè la le censure, che deducevano profili di incostituzionalità, erano più diretti a contestare la legittimità (costituzionale) della fonte legislativa invece che la conformità del decreto ministeriale alla fonte legislativa stessa. Pertanto nella fase cautelare il TAR non poteva affrontare e decidere la questione. Molti professionisti sperano che nella successiva fase processuale, il TAR potrà approfondire tutti i temi e così giungere anche ad accogliere il ricorso.
Ma il vero nodo della questione non è essere o meno favorevoli al P.O.S. ed a tutte le altre tecnologie informatiche che hanno invaso e conquistato gli studi. La verità è che le libere professioni, e quella di Avvocato in particolare, si trovano ad affrontare uno snodo decisivo: fra passato e futuro; conservazione e modernità. Credo che nessuno potrà sottrarsi alle sfide, che segnano il cammino del terzo millennio. E certamente rimanere abbarbicati al passato non gioverà a salvaguardare le libere professioni, o i giovani che si avvicinano ad esse. Forse il momento storico è favorevole all'attacco concentrico che l'Avvocatura sta subendo, ormai da qualche anno, proveniente dalla società civile, da confindustria, dal mondo di banche e società di assicurazione, dalle istituzioni europee, che insieme sembrano perseguire il disegno comune di ridimensionare e ridisegnare la figura dell'Avvocato, libero protagonista del Foro, indipendente verso i poteri forti, e perché no, anche "paladino di giustizia" per i soggetti più deboli. Il fine ultimo? Farne un burocrate sottomesso e sottopagato, piegato alle logiche del mercato ed alle pretese dei poteri forti.
Così sono stati progressivamente ridotti gli spazi di operatività della professione forense, in favore di associazioni consumeristiche o sindacali, piuttosto che patronati assistenziali. E poi le "riforme" sul fronte delle tariffe: l'abolizione dei minimi tariffari, per le supposte liberalizzazioni dettate dall'europa . E non meno pesante è stata l'erosione dell'immagine della categoria, spesso criticata e denigrata. Argomenti che meriterebbero un'attenzione ed un spazio che nemmeno il più disponibile lettore sarebbe propenso concederci tutt'insieme.
Ma, pur rinviando a spazi successivi gli approfondimenti, e nonostante quanto lamentato, un dato emerge incontrovertibile: l'Avvocatura in questi anni, ha continuato a resistere. Oggi, con i riconoscimenti politici che giungono dal nuovo Ministro della Giustizia Orlando, ha anche ricominciato a credere nella possibilità di invertire le tendenze negative. Recuperare spazi vitali di operatività, riconquistare competenze e fiducia. Dare un futuro ai più giovani e serenità alle toghe più consumate. Recuperare, insomma, la fede nella libertà della nostra professione, nel Diritto e nella Giustizia.
Per essere avvocato, anche in questo terribile tempo, in cui il sistema giustizia è giunto al capolinea, nonostante tutto, ci vuole cuore. Solo tecnica e tecnologia non basteranno a vincere tutte le sfide. Perché, come Piero Calamandrei ci ha tramandato, "…Molte professioni possono farsi con il cervello e non con il cuore; ma l'avvocato no! L'avvocato non può essere un puro logico né un ironico scettico, l'avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé; assumere su di sé i loro dolori e sentire come sue le loro ambascie. Per questo amiamo la nostra toga; per questo vorremmo, che quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero al quale siamo affezionati, perché sappiamo che esso è servito ad asciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia".
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